Revolutionary Ethos: Rocco Fasano

Photography Jacopo Paglione
Styling Emi Marchionni
Grooming Emanuele Alteri
Photography Assistant Federico Faini
Special Thanks Arco dei Camaleonti

Rocco Fasano @LaPalumboComunicazione

DIGITAL COVER STORY
Rocco Fasano wears Total Look Maison Valentino

Interview Serena Palmese

Video Agustin Farias

Soggiornare in Grecia, sebbene per qualche giorno, ha il vantaggio di naufragarci verso l’idea di nuove vite possibili. Bagnarsi i pensieri, dargli una nuova forma e asciugarli fuori da sé fa sì che il tempo si dilati e l’aria intorno diventi più leggera. I greci erano soliti raggruppare sotto il termine gentilezza una serie di sentimenti “nobili” quali solidarietà, generosità, altruismo, empatia, ovvero quell’atteggiamento di benevolenza che è messa in moto da una volontà che mira al bene. Rocco mi ricorda un saggio d’altri tempi, ed è forse l’inganno del suo profilo greco ad attribuirgli una serietà che non si addice alla sua leggerezza, con una certa nobiltà di linguaggio e un modo attento di guardare al presente. Insieme abbiamo parlato di sogni, dell’importanza di chiedere aiuto, di moda e colazioni sistematiche, di scuola e di rischi.

 

Ciao Rocco! Wikipedia dice di te che sei un attore, un modello, un musicista, uno studente iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia a La Sapienza di Roma e che hai studiato recitazione e dizione alla Smile Academy, tutto accompagnato da date lontane e nomi quantomeno prestigiosi. Ma raccontaci qualcosa che nessuno sa: chi sei quando nessuno guarda, quanti biscotti inzuppi nel latte, il tuo rituale scaramantico prima di un evento importante e soprattutto se sei team Marvel o DC.
Se c’è un elemento che mi definisce più degli altri, sicuramente è il sogno. Per me i sogni sono spesso più consistenti della realtà che ci circonda, lo sono sempre stati, ed è in virtù di questi labili confini che ho dato al concetto di realtà, che si spiegano molte, se non tutte le scelte che ho fatto finora, compresa la scelta professionale. L’arte fornisce infiniti ponti verso realtà altre, e la recitazione e il cinema lo fanno in modo totalizzante. Per il resto sono una persona piuttosto abitudinaria, mi piace fare colazione sempre allo stesso modo, ho i miei luoghi preferiti dove andare a riflettere o studiare, e le stesse serie e film che guardo e riguardo all’infinito. Difficile scegliere tra Marvel e DC… tuttavia, siccome il mio supereroe preferito è Batman sento di non avere scelta.

Recitare significa mettersi nei panni di un altro, e nello specifico del personaggio che si deve interpretare. Significa immaginare come l’altro si sente, cosa vive, quali sono le sue emozioni e le sue paure, perciò facciamo un passo indietro. Nel 2018 comincia l’avventura con Skam Italia, in cui interpetri Niccolò Fares, un’adolescente omosessuale affetto da disturbo borderline della personalità. Quali sono stati i tuoi riferimenti per l’interpretazione di un ruolo così complesso, che è centrale nel tema della bipolarità identitaria e flusso in costante cambiamento della comunità LGBTQ+? Inoltre, nella serie, Martino cerca di decostruire e normalizzare un disturbo che inevitabilmente c’è ed esce fuori. Oggi sembra che le malattie psichiatriche vengano messe tutte in un calderone, senza distinzione. E viviamo in un immaginario collettivo in cui lo psichiatra viene sempre descritto come un sadico e chiedere aiuto è sinonimo di debolezza. Niccolò si lascia andare all’aiuto di Martino e Martino di rimando accoglie le sue fragilità. Come pensi si possa affrontare un tema così ingarbugliato all’interno del contesto scolastico (escludendo i prodotti cinematografici e le inconcludenti e sterili lezioni frontali)?
Le parole chiave per affrontare temi così delicati, tanto nella recitazione quanto nelle scuole, credo siano empatia e normalizzazione. Mettere in discussione la già dubbia solidità del proprio limitato sistema di pensiero, cercando davvero di mettersi nelle scarpe di qualcun altro, non è soltanto il primo step del libro delle regole dell’attore, ma anche il modo migliore per comprendere, capire, accettare e aiutare, evitando paternalismi e generalità, e abbracciando il fondamentale concetto che la diversità, in tutte le sue forme, è una preziosissima e insostituibile fonte di ricchezza. Credo che tra tutte le cose che Skam Italia mi ha insegnato è proprio l’importanza del chiedere aiuto, perché nessuno è solo, finché si ha la grande forza di riconoscere che tutti abbiamo bisogno degli altri.

Nella quinta puntata della seconda stagione di Skam Italia, Niccolò dice: “Mi spaventano tutte ‘ste cose, come la paura di rimanere soli. Non basta stare con gli altri per sentirsi soli… è la tua testa che si sente sola”. Internet è sicuramente la rivoluzione sociale più importante degli ultimi tempi e i cambiamenti apportati dai social network sono innegabili; ma è, allo stesso tempo, anche il labirinto più insidioso e la gabbia meno confortevole. Durante l’emergenza sanitaria abbiamo vissuto involontariamente una sorta di esperimento sociale anomalo che mai avremmo affrontato se non fossimo stati costretti da un evento di una tale portata. L’esperimento, cui hanno partecipato tutti è consistito nella sospensione del tempo, della mobilità e dei contatti umani e sociali esterni alla propria abitazione, e costretti quindi inevitabilmente a una solitudine diffusa. Quali sono stati i tuoi appigli quando “la tua testa si sentiva sola” e cosa fai oggi nel marasma quotidiano quando il caos sopraggiunge alla voglia di fare?
I miei appigli, in questo tipo di momenti che conosco molto bene, sono sempre stati le mie passioni, quello che mi piace fare. Anch’io come Niccolò mi sento a volte chiuso e perso nella mia testa, alla mercé del torrente di pensieri che straripano; in pandemia, così come oggi, ho trovato che attività come suonare, comporre al piano, e soprattutto fare il mio lavoro riescono a rompere quell’impasse in maniera più efficiente del continuare a cercare da solo delle risposte che probabilmente non ci sono, a quesiti a volte troppo più grandi di noi.

 

Sappiamo che anche la moda fa parte dei tuoi interessi, in maniera parallela al tuo lavoro primario da attore. Oggi viviamo tempi totalmente diversi da quelli di pochi anni fa, soprattutto se parliamo di immaginario collettivo. Finalmente si fa meno fatica a parlare di taglie forti, di cellulite e imperfezioni – che io chiamerei “meravigliosi dettagli” – e molti brand provano a sfidare l’identità di genere. Penso ad Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci che nel 2016 abbandona l’idea di collezioni separate e di genere e decide di combinare le sfilate maschili e femminili insieme. Tra i protagonisti Harry Styles, ma anche Jaden Smith, Young Thug, Bad Bunny, per citarne alcuni. Ma c’è ancora tanto sgomento nel mostrare e parlare di corpi totalmente esclusi da certe categorie. È davvero possibile riscrivere le regole di chi indossa cosa e perché?
Non è soltanto possibile, ma anche necessario secondo me rompere e riscrivere le regole, sfidando lo status quo che tengono tanto a farci dare per scontato. Questo è il principio fondamentale di tutte le rivoluzioni ed è alla base del progresso in senso lato; nella fattispecie la moda, che ha un appeal enorme per ovvie ragioni su tutti e soprattutto sui giovani, credo abbia la responsabilità di andare in una direzione di inclusività e di riscrivere i canoni della bellezza e del glam continuamente, avendo il potere di influenzare in modo massivo la percezione di tutti in tal senso. 

Ognuno di noi ha forme, spessori, trame e attributi diversi che ci rendono specificamente noi. I nostri corpi, anche se possono essere le uniche cose fisiche che sapremo mai veramente, sono fragili, si rompono, si estendono e cambiano. Provare la pelle di un altro sarebbe un po’ come tradire quello che siamo, perché spostare una persona fuori dalla propria zona di comfort è il primo passo per raggiungere la vulnerabilità, e in quello spazio, una persona può permettersi di essere colpita. I nostri corpi sono enormi fonti di lotta privata. Quanto lotti con il tuo su una scala da 1 a 10?
Io lotto continuamente per accettarmi come sono, un po’ come tutti suppongo, anche perché non vedo l’identità, al pari della realtà, come qualcosa di definito alla nascita da qualcun altro o da qualcos’altro. Per me l’identità è il continuo sforzo di affermarci per quello che vogliamo essere, qui ed ora, ed è legittimamente soggetta a cambiamenti: per questo sono sempre restio ad accettare definizioni e scatole identitarie scelte da qualcun altro. Non saprei attribuire un numero preciso all’intensità di questa lotta, però so di certo che uscire dalla propria zona di comfort e sentirsi vulnerabili è il primo passo per comprendersi in maniera sana e diventare persone davvero forti.

Tra tutti i film che hai visto, i libri che hai letto e le storie che hai ascoltato, quale personaggio ti sarebbe piaciuto essere e perché? Se potessi tornare indietro a quando tutto ha avuto inizio, cosa diresti al Rocco di quel tempo?
Sono innumerevoli i personaggi che mi piacerebbe interpretare. Solitamente prediligo quelli con un importante conflitto interiore, e dei profili psicologici interessanti, che lottano per cercarsi e trovarsi con coraggio e determinazione. Se potessi tornare indietro direi a me stesso di rischiare con ancora più impeto di quanto abbia fatto, perché quello che questi ultimi anni mi hanno insegnato è proprio che la vita è troppo breve per passarla a vivere i sogni di qualcun altro, nonostante i rischi, le enormi difficoltà, e i tentativi di sabotaggio da parte di un mondo sempre più ostile e poco incline ad ascoltare i sussurri dei propri sogni.

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