Revolutionary Ethos: Pamy

Photography Gabriele De Rossi
Styling Emi Marchionni
Make Up and Hair Stefania D’Alessandro
Model Pamy

DIGITAL COVER STORY
Pamy wears Total Look Maison Valentino

Words Serena Palmese

Affannare per un ideale di bellezza claudicante è la nuova corsa all’accettazione. Liberarsi da certe catene è la sconfitta allo squid game di cui tutti siamo giocatori. Vincenti o perdenti non accettiamo, vincenti o perdenti decidiamo di scivolare nella malsana convinzione che ogni cosa debba necessariamente stare al suo posto, zitta e buona. Corpi violati, corpi di confine, invisibili, giocolieri alla battaglia contro tutti, corpi che non sono ma esistono, oltre la pelle e la corazza, oltre la rivalsa. Dopotutto, corpi senzienti.

 

 

Nell’ultimo periodo la moda si è aperta a forti cambiamenti a livello di rappresentazione e inclusione, abbracciando tematiche sociali sensibili per meglio rappresentare il suo pubblico. Entrare nella pelle di qualcun altro, progettare la sua comfort zone fatta di tessuti e identità, può aiutare a sperimentare come i corpi degli altri si muovono attraverso il mondo. L’industria dell’abbigliamento rivela un potere che da sempre fa parte del suo DNA e la caratterizza: saper dare voce a tutti. La nuova generazione di modelli riesce a sovvertire le regole e farsi notare non solo per bellezza e fascino, il loro obiettivo è scardinare lo stereotipo che li accompagna sin dalla professionalizzazione del loro mestiere. I corpi di persone con disabilità o quelli di persone che si rispecchiano nei valori della comunità LGBTQIA+ cominciano ad avere uno spazio integrato all’interno del mondo moda, abbandonando lentamente quel posto da feticcio che invoglia i più a guardare con curiosità piuttosto che con l’occhio della quotidianità regolare e pragmatica.

Nonostante le fashion week internazionali siano ancora fortemente ancorate al concetto di corpo lineare, magro e perfetto, l’esigenza di una rappresentazione differenziata ha messo in discussione il concetto stesso di “modello”. Alle bellezze eteree si affiancano nuovi volti e corpi, appartenenti a una più ampia varietà di background nativi, etnici e identitari. E questo è possibile anche grazie a quelle realtà che riescono a fare delle imperfezioni una bellezza rara e delle diversità una ricchezza. Per esempio I’MPERFETTA PROJECT nasce per connettere, ispirare e dare visibilità̀alla community di donne straordinariamente imperfette. Un’agenzia di moda inclusiva che nasce dal basso per elevare il valore della bellezza autentica con la sua rappresentazione più genuina di forme e ideali, un team che intende scardinare il paradigma del modello perfetto e mettere in mostra personaggi reali, non stereotipati, orgogliosamente unici e originali per sentirsi e vivere un po’ come muse. Ancora, Zebedee Management l’agenzia londinese che rappresenta talent con disabilità, della comunità LGBTQIA+ e con “visible differences” ̶tra cui la nota modella Ellie Goldstein, volto di Gucci Beauty ̶abbattendo limiti e distruggendo confini per ridefinire la percezione di bellezza. O anche il caso di New Pandemics, un’agenzia di casting e management newyorkese nata per aumentare la visibilità della comunità LGBTQ+. La fame e la voglia di un’adeguata rappresentazione queer hanno già portato all’account Instagram migliaia di follower e tanti potenziali clienti che il fondatore, Cody Chandler, non ha nemmeno dovuto farsi molta pubblicità. Lo stesso Flewid, con vive collaborazioni con alcuni dei talent precedenti, nasce come project italiano che pone le basi per essere un magazine innovativo in cui le spiegazioni razionali possono ribaltare le percezioni, arricchire domande per fornire fluide risposte a corpi anticonformisti. Flewid da anni esplora, naviga e accoglie il concetto di “bellezza non convenzionale” attraverso una serie di storie e persone con l’obiettivo di delineare una nuova estetica senza genere in cui la diversità non è più emarginata e marginalizzata dal mondo moda, ma casa accogliente e fucina di esplorazione e appropriazione culturale. Un oggetto feticcio, diremmo, da osservare e studiare da tutte le sue angolazioni come infallibili antropologi, se pensiamo che è ideato e diretto da Emi Marchionni, prima donna transgender italiana alla direzione di un’impresa editoriale. 

 

Sono molte, anche nel campo della moda, le lotte per l’uguaglianza tra i generi e contro le discriminazioni sessuali. La nuova generazione di modelli scalpita e si fa sentire nelle nuove rivoluzioni sociali e politiche, tanto da fare del proprio corpo un manifesto. Rain Dove, ventisettenne americana, dai tratti somatici androgini, decide per esempio di sfidare gli stereotipi di genere e sfilare sia per collezioni femminili sia maschili. Fiera attivista per i diritti umani e LGBTQIA+, la Dove si è sempre definita una “brutta ragazza” e additata come quella da cui a scuola era giusto prendere le distanze a causa di un aspetto ambiguo. Ha cominciato la carriera da modella quasi per caso, presentandosi per la prima volta a un provino di intimo maschile firmato Calvin Klein, ottenendo il ruolo senza sapere che ben presto quell’occasione sarebbe diventata il suo asso nella manica. Protagonista di Calvin Klein invece, nella campagna PROUD IN MY CALVINS, Pabllo Vittar, la prima drag queen al mondo testimonial per una campagna di un’etichetta internazionale, si pone l’obiettivo di raccogliere fondi per il sostegno della comunità LGBT colpita da Coronavirus. Ancora, Teddy Quinlivan la prima modella apertamente transgender scelta come volto della campagna pubblicitaria di Chanel Beauty, sfilando successivamente su passerelle come Louis Vuitton, Gucci e Chloé. Ma anche Marco Rambaldi, uno dei nomi del nuovo panorama italiano con la scorsa sfilata dal titolo emblematico Nuova Poetica Post-Romantica, con l’amore al centro, un amore che deve essere per tutti e di tutti, e infatti il suo casting è inclusivo a 360 gradi, non ci sono limiti di gender, taglia o età per esprimere al meglio la voglia di fuggire da certi retaggi antiquati. A Milano, Parigi, Londra e New York i casting delle sfilate Autunno Inverno 2022-23 sono stati senza limiti di età. Le modelle in passerella hanno mostrato fieramente i segni del tempo combattendo la nuova forma di discriminazione verso il corpo femminile, l’ageism e così la presenza di modelle over 30, 40, 50, 60, alcune tra le top model che hanno calcato i red carpet del passato, regine delle passerelle dalle carriere stellari. La rivoluzione del seme della discordia, quello dell’inclusione e dell’inclusività, un seme che mette germogli in una terra arida e incolta pronta a evadere la siccità umana, a dimostrazione del fatto che la bellezza e la libertà d’espressione può e deve essere di tutti. 

 

Essere rappresentati oggi significa avere la possibilità di riconoscersi. 

 

Se il mondo della moda sembra fare passi avanti, la visione invece che la società ha dei corpi, della community LGBTQIA+ e più in particolare delle persone transgender è ancora annodata a false concezioni e testimonianze, frutto di stereotipi forti e credenze popolari difficili da sradicare. La disinformazione dei mass media, la superficialità di leoni da tastiera e personaggi proclamati da se stessi fautori della cultura moderna, cyber intellettualoidi dai contenuti poveri e poco coerenti, fanno di questo mondo non una sana rappresentazione. Penso al film Giuditta in Betulia in cui le persone transgender erano solo uomini travestiti da donne che si prestavano al crossdressing per essere scherniti da un pubblico, piuttosto che come esseri umani con una specifica identità di genere. E a Psycho, pellicola cult di Alfred Hitchcock, in cui la transessualità era associata alla psicopatia; un’interpretazione ripresa e alimentata da altri film usciti nei decenni successivi. O il caso di Sex and City i cui personaggi trans femminili erano narrati come sole prostitute in cerca di una moda da seguire per divertirsi. Negli ultimi anni si assiste ai primi veri tentativi di normalizzare la loro presenza sugli schermi televisivi: succede in Sense8 dove lo sviluppo del personaggio transgender Nomi Marks e la sua relazione romantica con Amanita Caplan prescindono dalla sua identità di genere. O, ancora, con Pose, ambientata nella New York delle Ballroom in cui è viva e permanente la presenza di tante attrici transgender. E questo consente non solo al pubblico transgender di sentirsi, finalmente, preso sul serio e parte di una comunità unita, ma permette anche a chi non ne fa parte di comprendere meglio la cultura delle Ballroom, un pezzo di storia significativo e da non sottovalutare. Da citare la serie Euphoria, la trasposizione teen drama che capovolge il concetto stesso di teen, raccontando di un’adolescenza problematica, che affonda nel mondo della droga ed è schiava di identità nascoste, un’adolescenza cruda, nuda, ansiogena, generazionale nella sua vanità. In questo quadro la prima prova da attrice di Hunter Schafer che interpreta la trans adolescente Jules, che arriva in un piccolo paese della provincia americana dopo il divorzio dei suoi e prova a integrarsi nella comunità alle prese con esperienze strong e abbastanza noir. Hunter è transgender, ha 20 anni ed è già finita sulle cover dei magazine più importanti del mondo, sfilando per i brand e le maisons più famose. Da attrice candidata alla vittoria di un premio Oscar a prima persona transgender nella storia ad avere la propria immagine sulla copertina di Time, Ellen Page, una delle protagoniste femminili della serie The Umbrella Academy, ha dichiarato la propria omosessualità e dopo un lungo percorso di transizione ha annunciato su Instagram scrivendo soltanto “Ciao amici. Voglio condividere con voi che sono trans”, cambiando il suo nome in Elliot Page, accettandosi diventare completamente se stesso. E ancora Yasmin Finney, Elle Argent nella serie Netflix Heartstopper, un vero e proprio show queer. È davvero molto raro trovarsi di fronte la rappresentazione di una ragazza transgender che non abbia a che fare con disforia, depressione, o bullismo, ma solo con l’aspetto positivo come l’amicizia, la famiglia scelta, il trasferirsi da una scuola solo per ragazzi a una scuola per ragazze. Il suo personaggio si concentra sulla parte più naturale dell’essere transgender, restando autenticamente se stessa e apertamente trans. Per parlare anche di youtuber Nikkie de Jager, conosciuta come Nikkie Tutorials, icona internazionale del mondo del beauty che vanta ben 13 milioni di fan sulla piattaforma, nel giro di 17 minuti dice di essere una donna transessuale, spiegando di essere nata in un corpo che non riconosceva. Il coming out con i suoi fan è avvenuto in grande armonia spiegando di aver sempre avuto, a differenza di molti, il supporto della mamma e delle maestre di scuola che l’hanno sempre aiutata a vivere liberamente la propria sessualità. O come Leyna Bloom, la modella che ha fatto la storia del Festival di Cannes come prima transgender asiatica presente alla Croisette. La sua storia, a partire dal rifiuto della borsa di studio in una scuola di ballo maschile se avesse chiesto di danzare come una ragazza fino ai giorni da senzatetto a New York quando dormiva nei vagoni dei treni, dai primi passi verso la transizione arrivati con le sopracitate Ballroom alla prima volta sulle pagine di Vogue India.

 

Ma la nostra identità è fragile al punto da non poter tollerare che altri abbiano dei modi diversi dai nostri di concepire e organizzare la propria vita. Per questo cerchiamo di starne e tenercene lontani. Nell’attesa di riconoscerci, diamoci tempo, sapremmo scoprici. Tutti i corpi sono validi, liberi da stereotipi e violenza. Guadagnino ce lo insegna: We are who we are, siamo quelli che siamo e non dovremmo chiedere scusa.

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