Photography Gabriele De Rossi
Styling Emi Marchionni
Make Up Vanessa Forlini @makingbeauty.management
Hair Christian Vigliotta @makingbeauty.management
Special Thanks Hotel Turner, Roma
Sarah @PalumboComunicazione
Videography Davide Dilorenzo
DOP Manuel Pistoiesi
Sound Shibori
DIGITAL COVER STORY
Sarah Felberbaum wears total look Maison Valentino
Interview Giada Quaranta
Nella tua carriera hai dato voce a tante storie di donne con amore e dedizione, mostrando grande sensibilità. In particolare, più volte hai invitato a riflettere sul tema della libertà: una libertà di amare ed
essere da insegnare ai più piccoli e da diffondere anche attraverso gli schermi. Quali sono i personaggi da te rappresentanti che ami di più per la loro capacità di raccontare storie di libertà e autodeterminazione?
Forse è impossibile dire esattamente a quale personaggio tengo di più: negli ultimi anni ho avuto la possibilità di interpretare donne molto determinate e coraggiose, le storie delle loro vite trasmettevano un messaggio di forza e indipendenza. Ovviamente cerco personaggi con questa energia, ma essenzialmente è una fortuna incontrarli per poterli interpretare. Tengo molto al tema della libertà, come messaggio da diffondere in quanto attrice e come regola di vita personale, soprattutto da quando sono diventata mamma. Gran parte del lavoro nell’educare i miei figli e nel dare loro gli strumenti da utilizzare quando saranno più grandi consiste nel garantire, almeno dentro casa, la sicurezza di esprimersi senza paure.
Molte donne dello spettacolo si sono esposte con forza per la libertà delle donne dalla violenza; uno strumento importantissimo di testimonianza nato dal mondo del cinema è il MeToo. Sei stata anche tu tra le firmatarie del Dissenso Comune. Vorrei chiederti di raccontare il percorso che ha portato alla stesura di questa lettera.
Sono stata contattata da colleghe e amiche che mi hanno chiesto se avessi voglia di fare una chiacchierata, così sono state organizzate alcune riunioni. Mi sono messa in ascolto e ci siamo rese conto di avere quasi tutte molte cose in comune; non ho seguito la stesura della lettera, ma l’ho firmata perché è sempre stata forte in me la volontà di cercare di iniziare un percorso verso un cambiamento. Non saprei dire quanto sia cambiato da quella lettera a oggi. Noto con disappunto che parliamo da anni degli stessi identici problemi, tanto da sembrare ridondanti nel lanciare questi messaggi. C’è ancora una disparità salariale, di storie raccontate, di numeri del cinema. Questa disparità non è solo nel numero di storie femminili e di conseguenza di attrici, perché anche i numeri tra uomini e donne dietro le quinte non sono assolutamente alla pari, è un percorso purtroppo molto lungo. Dico “purtroppo”, ma vedo anche del positivo: è una lotta che non ci stanchiamo di portare avanti e le storie di donne che riescono a rompere il famoso tetto di cristallo, fatto di tantissimi strati, sono sempre più numerose. Per come la vedo io, però, è importante non smettere di lavorare in quella direzione e non sentirsi mai noiose o pesanti nel portare avanti questi argomenti. Può essere demoralizzante rendersi conto che anno dopo anno si ripetono sempre le stesse cose e non potremo fermarci molto presto, però in tante stiamo portando avanti la nostra lotta verso il cambiamento, questo è l’importante.
Come dicevamo, pochi sono i cambiamenti nella produzione cinematografica in Italia e le opportunità di raccontare storie non canoniche. Tra i tanti vuoti di rappresentazione e le diverse forme di disparità, c’è un aspetto sul quale ti vorresti soffermare?
Oltre alla carenza di storie con protagoniste femminili, secondo me bisognerebbe notare come, anche quando in un film o in una serie tv si ha una protagonista di genere femminile, non manca mai un uomo ad
accompagnarla e spesso si hanno delle coprotagoniste al fianco di protagonisti uomini. Sono pochi i film in cui le donne sono effettivamente protagoniste assolute. Qualche mese fa, ho finito il film “Tina Anselmi, partigiana della democrazia” in cui sono protagonista assoluta. Ne sono molto fiera, mi sento molto grata di aver raccontato la storia di Tina Anselmi, la prima donna a diventare ministra in Italia ̶ direi di ritenermi fortunata, ma non mi piace parlare di fortuna: penso che non dovrebbe essere una fortuna. Questo film, così come “Fernanda” con Matilde Gioli o “Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa”,
dimostra che piano stiamo raccontando storie diverse. Piano piano la televisione, soprattutto la Rai, sta investendo nella produzione di film su donne che hanno fatto cose importanti in Italia.
Mi auguro che sia l’inizio di un percorso verso un reale cambiamento e che in futuro sarà normale vedere donne così come è normale vedere uomini, tanto da non dover più far caso ai numeri. Spero che quella di Tina Anselmi possa essere una delle tante storie di donne che vedremo sugli schermi, storie in cui far vedere come personaggi femminili e, di conseguenza, attrici possano sostenere un film da sole, senza avere bisogno di un compagno di genere maschile al proprio fianco.
Cosa ti va di anticiparci di questo film su Tina Alselmi? Come sei riuscita a raccontare una vita così intensa e speciale?
Raccontiamo la storia di Tina Anselmi dai sedici anni fino ai cinquantasei e la narrazione è divisa in tre fasi ben definite della sua vita; raccontiamo una ragazza e poi una donna dalla forza incredibile. A sedici anni Tina decide di lottare con i partigiani e si sente in dovere di fare qualcosa, nel film dice: “Se non facciamo qualcosa noi, non cambierà mai nulla”. Da lì in poi, per il resto della sua vita, seguirà questa filosofia. Dall’inizio del film in cui troviamo una giovanissima Tina, arriviamo intorno ai suoi trent’anni, quando dà inizio alla sua carriera politica lavorando nel sindacato ed entrando nella DC. Viviamo Anselmi al momento del suo primo incontro con Aldo Moro, nel momento in cui diventa ministra del lavoro e poi della salute, la viviamo quando viene rapito e ucciso Aldo Moro. Raccontiamo anche le decisioni molto complicate che ha dovuto prendere in quanto donna di politica, la quale credeva fermamente nel fatto che lo Stato non potesse scendere a compromessi. Raccontiamo anche di quando è stata messa alle strette dal Vaticano sull’aborto, un’altra tematica attuale. Anselmi era una donna estremamente credente, ma si è esposta in maniera molto chiara e ferma sulla libertà di scelta. Nel film riportiamo una frase detta da lei che è molto importante, a me piace moltissimo: “Viviamo in uno stato laico, nessuno di noi può decidere per l’altro.” Infine arriviamo agli ultimi anni della sua carriera politica e alle indagini della commissione P2. A questo punto raccontiamo una donna estremamente coraggiosa, l’unica donna della commissione; ha fatto un’indagine durata tantissimi anni in cui si è resa conto di come veniva gestita l’Italia. Ha avuto il coraggio di tirare fuori tanti segreti, poi le è stato chiesto di ritirarsi dalla politica e ha passato gli ultimi anni della sua vita a Castelfranco Veneto. Sono felice di raccontare questa storia anche per mostrare quanto poco è cambiato nel corso di decenni, ricordare come sono anni che lottiamo per ottenere quello che sarebbe normale avere. Spero che questa storia arrivi a chi non conosce o non ricorda la storia, ma anche alle persone che dicono di essere stanche di sentirci ripetere le stesse cose. Forse attraverso un film come questo, da guardare a casa, sul divano, si può lanciare un messaggio importante in un modo diverso. Ci sono vari modi per lanciare un messaggio ed educare le persone, e possiamo farlo anche con un film.
Come è stato attraversare questa storia e tutte queste fasi di vita come attrice?
Dal punto di vista attoriale è stato magnifico, è stata la prima volta che ho interpretato una donna che è realmente vissuta, in cui ho raccontato una storia così di spessore dopo che mi è stato chiesto di “trasformarmi”. Sono stata scelta non per le mie capacità attoriali ed estetiche, bensì per le mie capacità attoriali. Ho preso peso e lavorato tanto sulla voce e sul corpo. Per esempio, ho cercato di togliere dal mio modo di recitare tutta quella delicatezza, quella grazia che è più mia e meno di Anselmi; Anselmi era una donna molto forte, una grande camminatrice; fisicamente era fatta in modo molto diverso rispetto a me. È stato un onore sentirmi dire “vogliamo te”. È stato visto in me qualcosa che le assomigliava, qualcosa di interiore, e pensavano che io potessi renderle giustizia.
Dopo questo film, cosa c’è all’orizzonte? Hai già dei progetti o degli obiettivi in particolare?
Sono fiera di aver avuto il coraggio di fermarmi dopo questo film, ho avuto la lucidità di dire “aspetto che esca”. Non sono stata totalmente ferma, ho fatto un po’ di cose, anche non inerenti al lavoro di attrice; questo mi aiuta a non perdere la lucidità. Non mi annoio, mi reinvento costantemente con vari lavori. Però ho amato questo progetto così tanto che vorrei aspettare e vedere come viene accolto, piuttosto che farmi prendere dall’ansia che spesso noi attori abbiamo. Può anche non succedere nulla, ma il lavoro credo meriti di essere accolto, aspettato; spero di raccogliere qualcosa. Per me è stato decisivo, ha segnato una svolta che spero abbia un riconoscimento anche professionale. Voglio fare questa scommessa con la vita, ed è una scommessa che non mi spaventa, anzi, mi diverte. Se non giochiamo ogni tanto con la vita non ha molto senso questo viaggio, sono molto serena e curiosa nel dire “mi fermo, vediamo cosa succede”.