Photography Angelo Cricchi
Grooming Simona Ferrara
Photography assistant AbissiBlu
Interview Veronica Costanza Ward
Bella si muove seria e attenta ma è solare, è evidente. Leggera come una ballerina, consapevole e discreta i gesti di qualcuno che sa dove si trova, con chi si confronta.
Matteo osserva e percepisce lo spazio, pensa; abbiamo preparato i suoi fiori preferiti, uno per tipo ma nel tempo del servizio si creano altri momenti, angoli, scenografie diverse, come sono le sue sfumature.
Matteo Augello è uno ricercatore, un professore, un curatore e uno scrittore, un performer ma soprattutto una persona appassionata, con molte sfaccettature, non tutte esplicite non definitive.
Lo si capisce dalla lettura del suo libro, del suo saggio del 2022 ‘Curating Italian Fashion: Heritage, Industry, Institutions’ in cui l’analisi, la ricognizione storica, la critica sono precise e approfondite così come si percepisce Bella, dalle sue immagini delle sue performance, dal video The Art of the Prima Donna all’interpretazione di Michelangelo Merisi, detto Il Caravaggio, nel programma della BBC dedicato al pittore.
Bella e Matteo sono due anime dello stesso corpo, appassionati di moda, di bellezza, convivono a Londra da dieci anni, dove insegnano studi culturali alla University of the Arts. Cresciuti in una famiglia mista dal punto di vista culturale, le contaminazioni si percepiscono anche se loro stessi sono anche frutto di una continua ricerca estetica oltre che intertestuale. Lavoro, passione e vita continuano a costruire la loro identità. Matteo e Bella, due anime che si avvicendano da tempo in un rapporto in continua evoluzione, un rapporto di mutua conoscenza, di analisi reciproca e di crescita.
Capelli lunghi con ricci naturali ma curatissimi, bellissimi gli abiti lunghi e leggeri e spacchi dal gusto classico.
Abbiamo letto il tuo libro e molte interviste in cui spieghi cos’è il fashion curating e come dovrebbe essere. E cos’è la “moda da museo”. Bene, proviamo a dare una risposta semplice a un argomento che non lo è. La moda è arte?
Perché è importante che la moda sia o meno arte? Questa è la domanda. Ci sono confini sfumati tra queste pratiche e, a causa del riconoscimento sociale e culturale concesso agli artisti e alle loro opere, e che spesso couturier e designer hanno cercato di ottenere. È riduttivo pensare alla moda solo in termini artistici: gli studi di moda uniscono vari campi, dalla storia alla critica d’arte e alle scienze sociali. Nel linguaggio comune spesso si identificano i musei con le belle arti ma ci sono tanti tipi di musei: ferroviario, scientifico, c’è anche un museo del prosciutto vicino a Parma! I musei hanno lo scopo di registrare le idee e le esperienze delle società e gli oggetti incorporati in esse. Ed è questo che è la moda. Inoltre, se diamo priorità alla moda come strumento di comunicazione sociale – in contrasto con la moda come industria occidentale radicata nei valori del XIX e XX secolo – potremmo vedere ancora di più come sia universalmente significativa.
Molto interessante l’idea del Museo della Moda Italiana, un luogo unico in cui tutto converge, da cui esposizioni, conservazione, studio possano essere gestire al meglio. Facci sognare. Descrivici la dimensione ideale (sono certa che lo hai immaginato mille volte).
Hai assolutamente ragione, ci penso costantemente. Amo le mostre, ma anche i documentari, le tavole rotonde, i podcast. Amo soprattutto la ricerca e credo che questa sia la missione di un museo – lo dice anche la definizione dell’International Council of Museums.
Immagino che questa istituzione sia il cervello della moda italiana: un organo in grado di immagazzinare memorie, sviluppare osservazioni critiche, spacchettare idee complesse ma anche offrire suggestioni e stimoli. Una sorta di think tank dalla struttura flessibile, mediatore tra industria, collezionisti, studiosi e tutti gli interessati alla moda. Ho già tutto in mente, ho solo bisogno di fondi per iniziare!
Quanta cultura della Moda ritrovi tra gli specialisti del settore che è anche business, mercato, clienti, cambiamento continuo e forse oggi anche confusione?
C’è molta cultura e consapevolezza dell’importanza del patrimonio. Infatti, nel mio libro parlo ampiamente dell’industria e del suo importante contributo allo sviluppo della curatela della moda in Italia. Inizialmente le aziende sponsorizzavano eventi creati da altri e sostenevano le istituzioni, ora creano i propri spazi per gestire il patrimonio aziendale. Pensa a quanti designer collezionano pezzi storici per l’ispirazione, ci sono tanti tesori nascosti in giro!La conservazione è il lato che più mi affascina e che mi riporta alla cura, la dedizione alla passione, all’ eredità.
Quanta sensibilità reale hai percepito durante la preparazione del tuo libro e durante il tour promozionale in Italia? Si farà qualcosa di concreto?
Devo ammettere che sono stato lusingato dalle reazioni positive. Il mio libro è accademico ed è un argomento di nicchia, eppure c’è stata una grande affluenza agli eventi e le persone, anche i professionisti della moda, hanno detto di sapere molto poco di curatela ma di esserne estremamente affascinati. Il mio editore di solito stampa prima una copertina rigida e le biblioteche universitarie sono i principali acquirenti: la prima tiratura è andata esaurita in meno di due mesi e la maggior parte degli ordini proveniva da privati. So che un buon numero proviene da professionisti del settore, quindi questo è un buon segno. Spero che il mio lavoro aiuti le persone a capire quanto sia complesso questo argomento e che in Italia sono state fatte grandi cose, senza bisogno di cercare modelli altrove. Dobbiamo capire le nostre condizioni per concepire un progetto che si adatti alla nostra cultura e società. Credo che il libro abbia riaperto un dibattito – quello di un museo della moda in Italia – che era sopito da tempo. Sento che le cose si stanno muovendo anche se non posso dire nella giusta direzione perché non mi è ancora stato dato nessun incarico!
Prima della tua esperienza museale, cosa ti appassionava della moda?
Elsa Schiaparelli è stato il mio primo amore. Sono sempre stato interessato alla storia. Arte, moda, teatro, musica, l’elenco può continuare all’infinito. Ho un’anima antica. Sento nostalgia anche per spettacoli che non ho mai visto: c’è una sorta di mancanza, un perenne senso di perdita, per questo faccio ricerca storica, ho bisogno di avvicinarmi il più possibile. Studiando moda, ho imparato molte storie: lo studio dell’abbigliamento può collegarti a così tanti argomenti, è un meraviglioso viaggio di scoperta. Non è una questione intellettuale, è viscerale: amo la storia tanto quanto amo i vestiti. Adoro indossarli, provare cose nuove, spingermi oltre i miei limiti. I vestiti mi fanno sentire vivo, mi aiutano a vedermi e sono divertenti. Curo molto il mio guardaroba: a seconda di quello che succede nella mia testa o nel mondo, seleziono un tema. L’anno scorso ho passato ore sui siti di rivendita, cercando Cavalli, Blumarine e Miss Sixty dei primi anni 2000. Come ti ho detto prima, i vestiti sono idee, e io adoro indossare le idee.
Come performer e modello (la tua immagine in copertina al posto di un abito) quanto vuoi trasmettere di te e quanto del concetto di arte? O l’arte della Moda è corpo e abito?
Non penso all’arte, le mie parole chiave sono corpo e performance. Quando lavoro come modello – e perché lavoro in modo diverso dai modelli – lascio che i capi mi dicano cosa fare, uso il mio corpo per esplorare le possibilità di movimento insite negli abiti. Non so mai cosa succederà: anche quando ho un’idea chiara di ciò che voglio – per esempio, la copertina del mio libro – e preparo l’immagine nei minimi dettagli, ciò che rende l’immagine è il mio stato d’animo, come mi sento quando sono vestito e come comunico con il fotografo. Ciò che viene catturato dalla macchina fotografica è il mio dialogo con i vestiti, siamo membri del cast nella stessa performance.
Creativo, studioso, storico. Fluido. Siamo nel luogo ideale per parlarne nel modo giusto. Come ti definisci? Quanto impattano queste caratteristiche nel tuo percorso?
Non mi piacciono le definizioni, a parte quando faccio ricerche, e anche in quel caso sono consapevole che le definizioni spiegano le idee in un particolare momento nel tempo e in un luogo specifico. Uso il termine queer perché è un approccio alla vita, significa mettere in discussione le convenzioni sociali e culturali, sia che si tratti della mia identità di genere che del mio lavoro. L’ho sempre fatto, è un istinto per me. Devo ammettere che nel mio lavoro questo aspetto è sempre stato un punto di forza. Gli ambienti in cui lavoro sono molto più aperti di quanto immagino sia la società in generale e raramente sono stato discriminato. In ogni caso, questo non mi impedisce di essere me stesso. Infatti, poiché insegno a molti studenti ogni anno e sono consapevole del mio ruolo pubblico, sento di avere il dovere di essere fedele a me stesso in ogni contesto. Il mio aspetto è politico e lo uso con cognizione.
Hai deciso di metterti in copertina. Perché?
Non direi che è stata una scelta. Doveva essere così. Non potevo immaginarla in nessun altro modo. Penso visivamente e articolo idee attraverso il mio corpo. Quando ho dovuto pensare alla copertina, l’idea è stata quella di citare la tradizione ritrattistica del Rinascimento italiano: la copertina doveva essere un ritratto del libro e dell’autore. Ho poi sviluppato la mia intuizione discutendo con i miei meravigliosi amici e collaboratori, che mi hanno aiutato a portare alla luce la mia visione. Sono molto orgoglioso di quell’immagine, soprattutto perché non pensavo potesse apparire provocatoria a qualche collega. Mi sono reso conto solo in seguito che stavo mettendo in discussione convenzioni su come dovrebbe essere un accademico. Per me è ovvio, come si dice a teatro “vestire i panni”: sono uno storico della moda, quindi cerco un’eleganza senza tempo.
La tua immagine è estremamente particolare, delicata sempre, sicura e curata. E seria. Non è così usuale. Non ci sono esagerazioni. Opere d’arte con riferimenti storico artistici. Importanza della parola. Come hai costruito il tuo personaggio nel tempo? Chi è Matteo Augello e chi sono in tuoi personaggi? Una cosa sola?
Grazie per queste parole Veronica, sei molto gentile. Non cerco sempre di assomigliare a un dipinto rinascimentale, anche se molte persone mi dicono che i miei lineamenti appartengono a quell’epoca. Non riesco a pensare a un complimento migliore. Mi piace dire che ho i capelli di Botticelli con un profilo di Piero della Francesca. Da quando è uscito il libro, ho riflettuto attentamente sulla mia immagine ma ho anche imparato ad abbracciare pienamente la mia fluidità e mi permetto di indossare ciò che voglio. Non direi di aver costruito un personaggio o una persona nel corso degli anni. Ho sperimentato molto e sono passato da uno stile all’altro, ma questo è qualcosa che facciamo tutti, cercando noi stessi. C’è Miss Bella Bird, che all’inizio consideravo il mio alter ego drag, ma nel corso degli anni ho capito che Matteo e Bella sono la stessa persona.