GIAM

Photography Jordi A. Bello Tabbi
Art Direction Ezio Cristo
Executive Producer Vania Petrocchi
Art Direction
Assistant Ivan Braconi
Studio Assistant Elena Burali
on the cover La Petite Noir

Interview Jordi A. Bello Tabbi in conversation with Ezio Cristo

Dafne Webster

Da quasi 30 anni GIAM è il disco club LGBTQIAK+ del sabato sera romano. Cos’è GIAM?
Questa è effettivamente la trentesima stagione di GIAM, che a dire il vero non si è sempre chiamato così. Il GIAM, o comunque quello che ora è il GIAM, nasce appunto trent’anni fa dalla mente di Annachiara Marignoli che, oltre a essere la fondatrice del marchio, è colei che ancora tiene unito e vivo tutto questo. GIAM sicuramente è il posto dove potersi sentire a casa. Dove poter essere liberi di essere se stessi senza giudizi, pregiudizi o sguardi fastidiosi. GIAM è la casa di chi ha voglia di scoprirsi, è il luogo in cui potersi divertire senza freni o paure.

Che significato sociale, oltre che politico, acquista una serata come GIAM in un’Italia che ancora fatica nella rivendicazione dei diritti delle persone queer?
Sicuramente viviamo un tempo un cui avere alta una bandiera, significa assumersi la responsabilità di dichiarare una posizione. La partecipazione è lo strumento più significativo  per sostenere le battaglie, per sostenere che questi preconcetti, queste paure, questa “fobie”, che esistono nei confronti di un’intera comunità, non trova spazio in chi condivide questo tipo di cultura.

Che idea avete della comunità LGBTQIAK+ romana contemporanea, rispetto ad altre realtà italiane o internazionali?
Nonostante questi mi rattristi molto, mi redo che a Roma, ci sia uno spaccato enorme all’interno della comunità. C’è pochissima collaborazione ma soprattutto penso che molte associazioni fingano di non capire quanto siano importanti le realtà commerciali ai fini di una battaglia comune. Le associazioni, non tutte, sono tornate ad avere un atteggiamento di totale snobismo nei confronti di chi non pratica ssociazionismo, o di chi ha attività che non finanziano l’associazionismo. Questo atteggiamento per me non è mai stato accettabile. A volte, mi ritrovo a pensare che noi, al GIAM, facciamo molta più politica di chi invece dichiara di farla. 

La musica è sicuramente il punto chiave del successo di GIAM, quali sono i vostri riferimenti?
Noi non abbiamo riferimenti! Noi seguiamo, e per certi versi abbiamo preceduto ciò che stavano diventando le tendenze musicali, così da poterle cavalcare, divulgare e farle diventare un nostro punto di forza. Questo però è un merito che hanno i nostri artisti, i nostri djs, che sono sempre al passo con i tempi. La musica non può essere il timbro di una serata come la nostra, perchè i tempi cambiano, i beat cambiano, le tendenze cambiano, e il modo di fare musica cambia. Gli artisti che prima facevano musica pop pura, adesso si sono spostati su un beat che è quasi più house, noi ci spostiamo con loro. Quello che non manca mai è sicuramente la musica delle grandi icone e regine del pop. Magari in versioni più attuali e sempre meno radio edit.

Le drag queen stanno diventando personaggi molto popolari e i vostri spettacoli sono sempre molto curati. Qual è l’importanza del performer drag all’interno del club?  
I performer, le drag e non solo, sono quasi la centralità del progetto artistico. È ovvio, che anche il loro modo di esibirsi cambia a seconda della mia visione. Posso dire che nel   tempo, soprattutto quando sono arrivato io, ho cercato di portare uno show che fosse molto televisivo. Una narrazione più che un semplice show, e loro sono sempre stati i   personaggi perfetti, i protagonisti perfetti delle mie idee. È ovvio, che con il tempo è cambiato anche questo e probabilmente cambierà ancora. La mia fortuna è sempre stata  quella di aver lavorato e di lavorare con dei grandi professionisti che si sono sempre messi in gioco, e che hanno sempre approcciato alle mie proposte con curiosità e mai con  diffidenza, e questo non è da tutti.

Innaugurerà  questa settimana la nuova stagione invernale di GIAM.
Ci saranno novità?
Ci saranno tantissime novità, a partire dalla location che è totalmente nuova, in cui l’anno scorso abbiamo fatto una sola data e in cui ci divertimmo tutti molto, e che ebbe anche tanto riscontro dal pubblico. Quest’anno Hacienda sarà la nostra “casa” invernale. Andare in un locale nuovo significa anche ridisegnare quello che è sempre stato il progetto. Cambierà il modo di fare show, cambierà il modo di essere sul palco. Cambierà ciò   che è sempre stato ordinario o didascalico. Credo che quest’anno, o meglio, l’obiettivo di quest’anno è avvicinarsi sempre di più ad un concetto contemporaneo di clubbing, abbandonando, quasi totalmente, quelli che sono   gli standard delle classiche serate “lgbtqiak+” a cui, anche e soprattutto noi, abbiamo abituato il pubblico.  Il cambiamento più palese fino ad ora è sicuramente quello nella comunicazione. Quest’anno a differenza degli anni passati, ci siamo voluti affidare ad un fotografo diverso, che   avesse un suo percorso artistico non necessariamente vicino al nostro. Abbiamo voluto affidare la campagna ad un altro tipo di professionista, che potesse dare un valore artistico   vero al prodotto e quindi non più solo commerciale. Questo è già quasi un manifesto. La musica è arte, il drag è arte, il canto è arte, il ballo è arte, la fotografia è arte. È una dichiarazione identitaria per cui, non vogliamo solo essere intrattenimento ma generare arte, qualità. Ci siamo voluti avvicinare ancora di più a un modo di comunicare che riesca ad essere, ed ad avere un linguaggio più trasversale. Ad esempio, abbandonando lo   stereotipo del “tema”, oppure ancora, eliminando “la sigla” che nonostante sia sempre stato un momento molto atteso dal pubblico, rappresenta, secondo la mia visione attuale,    un qualcosa di superato. Magari un giorno torneremo a quello, ma adesso vogliamo avere altri riferimenti e altre ispirazioni. Ovviamente ci sono tantissime altre novità, che non vi svelerò e che aspetterò che siate voi a notare.

Vi aspettiamo Sabato.

Antonio Fil
La Feb Mua
Velvety Rose
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